Il matrimonio romano era sovente preceduto da un fidanzamento, in cui il promesso sposo donava alla ragazza un anello e al futuro suocero dava del denaro come pegno del contratto matrimoniale. Prima delle nozze, la sposa consacrava i giocattoli della propria infanzia agli déi Lari o a Venere.
Il matrimonio romano
La mattina del matrimonio si addobbava la casa con fiori, ramoscelli, nastri colorati, festoni e tappeti; un po’ come oggi. La sposa si copriva il capo con un velo rosso o arancio, sul quale si poneva una corona di mirto e fiori d’arancio. Inoltre indossava una tunica senza orli e, sotto il velo, aveva i capelli divisi in sei trecce o ciocche. La sposa godeva del sostegno della pronuba; una donna che doveva aver avuto un unico marito.
La ragazza offriva in dono alla Fortuna virginalis; la protettrice delle giovani spose, la toga orlata color porpora che era indossata da tutti i fanciulli e le fanciulle non ancora sposati. La stessa sera prima delle nozze, indossava una tunica bianca lunga fino ai piedi con una cintura chiusa da un nodo all’altezza della vita. Questo nodo lo scioglieva il marito la prima notte di nozze.
Velo rosso
Durante la cerimonia il viso della ragazza era coperto dal velo. Il rito iniziava con una piccola festa nella casa della sposa e poi iniziava una grande processione. All’epoca le nozze erano funzioni pubbliche e tutti i passanti, parenti e amici, potevano partecipare anche senza invito. Molto spesso questo corteo godeva di suonatori per allietare la festa; ed esisteva anche allora una specie di “inno nuziale” che intonavano parenti e amici. Molto spesso lo sposo lanciava dei dolci alla folla, soprattutto delle noci. I romani vedevano nel mallo delle noci la forma del cervello.
Per questo credevano favorisse l’intelligenza e ideale per il giusto “senno” della coppia che si stava formando. Poi si firmavano le tabulae nuptiales in presenza di dieci testimoni; un vero e proprio contratto matrimoniale. Poteva essere presente un sacerdote, ma non era fondamentale affinché il matrimonio fosse valido.
Tabulae nuptiales – Il matrimonio romano
Dopo le firme, la pronuba congiungeva le destre degli sposi in segno di reciproca fedeltà. Durante il rito gli sposi suggellavano il contratto matrimoniale con una formula. Il marito domandava alla sposa: “Qui es?” (Chi sei?) Lei rispondeva; “Ubi tu Gaius, ego Gaia” (Dove tu sei Gaio, io sarò Gaia). La formula li univa per la vita. Parenti e amici gridavano allora: «Feliciter!» («Felicità!»). La madrina poi, congiungeva le loro mani come segno di fedeltà reciproca.
Durante la cerimonia era importante la torta di farro era l’alimento principale delle famiglie fondatrici di Roma. Mangiare questo alimento significava per i romani rinnovare la tradizione. Questo era di fatto il “Mos maiorum.” La cerimonia proseguiva con un banchetto; rallegrato da musiche e canti. Infine gli ospiti sollevavano la sposa portandola oltre la soglia della casa del marito, oppure lui stesso la prendeva in braccio.
Banchetto di nozze
Significava presentarla agli spiriti degli antenati, affinché fosse dolce l’incontro. Poi, presso il focolare, il marito le consegnava acqua e fuoco, a significare l’autorità della compagna nella nuova dimora. Gli invitati cercavano d’impadronirsi della fiaccola nuziale, che assicurava lunga vita al fortunato possessore. La festa si concludeva con un secondo banchetto nella a casa dei novelli sposi. Molto spesso i banchetti duravano fino a notte fonda.
Dopodiché la coppia si ritirava per la notte. L’indomani la sposa indossava per la prima volta le vesti da matrona e offriva un sacrificio ai Lari e ai Penati della nuova casa. Per i Patrizi era normale avere stanze separate tra coniugi. Per questione di spazio, erano invece i plebei a dormire in una sola stanza.