La Ratafia, legata alla tradizione contadina ciociara, sopravvive nel gusto moderno e oggi diventa un liquore casalingo ricercato dai palati più sopraffini!
Caratterizzato da una gradazione alcolica variabile tra i 20° e i 22°, si distingue da un colore rosso rubino e un caratteristico profumo e sapore di amarene e frutti di bosco.
La Ratafia
La Ratafia risale più o meno agli inizi del ‘900, un po’ parente stretta del “limoncello” e del “nocino”; quindi facente parte di quei liquori casalinghi che si offrivano in tipici biccchierini da liquore del servizio buono.
Questo liquore, che nasce dalle visciole, ciliegie dal sapore particolarissimo, ha radici lontane che si perdono tra le pagine ingiallite di ricette vergate a mano. Vecchi quaderni tramandati da donne ciociare che hanno trasmesso la ricetta, sono giunti fino a noi. A testimonianza di ciò, in particolare c’è una indicazione di fine Ottocento scritta a mano dalla signora Maria Coletti Sipari e conservata nell’archivio privato Buriani; di San Donato Val di Comino, che è la prova “della pistola fumante”! La ricetta è originale, anche se di famiglia in famiglia ci sono delle varianti.
Storia della Ratafia
“Amarene chilo uno, vino rosso buono litro uno, spirito un quarto, zucchero un quarto. Aromi: cannella e pezzetti di noce moscata. L’infuso si mette per quaranta giorni al sole, poi le amarene si pressano al torchietto e si fa il liquore.” Che la Ratafia sia antica non ci sono dubbi, infatti, anticamente, quando si suggellava un patto, un accordo di stato, o si stipulava un contratto; era in uso brindare con un bicchierino di Ratafia: “Pax Rata fiat” da qui il nome Ratafia.
Cionondimeno questo liquore rubino, si usava come antisettico per bambini e anziani, e come digestivo e rimedio per vari disturbi fisici. Di recente, c’è stato il primo atto pubblico per il riconoscimento della “Ratafia Ciociara” come indicazione geografica. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (n. 26 dell’1 febbraio 2017), il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha acquisito la richiesta.
Arsisal
E’ importante per il territorio il riconoscimento d’indicazione geografica, della “Ratafia Ciociara, tra le bevande spiritose”, soprattutto per i produttori consociati. Il riconoscimento del marchio comunitario, è sostenuto da un congruo dossier che ne documenta origini e caratteristiche; alla cui elaborazione Arsial, ovvero l’associazione dei produttori ha contribuito corposamente.
La Ratafia ciociara pertanto, si configura come bevanda spiritosa ottenuta dall’infusione idroalcolica di visciole, e vino; atto a divenire Cesanese del Piglio DOCG o Atina DOC Cabernet. La bevanda nasce solo sul luogo, ovvero da impianti ubicati nella provincia di Frosinone.
Inoltre, si prevede un titolo alcolometrico volumico minimo del 17%, e l’aggiunta di aromi, succhi o infusi naturali di visciole. La Ratafia ciociara prevede anche spezie come cannella, vaniglia, chiodi di garofano, e mandorla amara.
Ricetta della Ratafia
Le origini della bevanda, hanno un forte radicamento locale, tanto che nel frusinate, numerosi opifici producono Ratafia che è comunemente citata nei menù e locali. La Ratafia non è solo da bere, ma è usata per tanti dolci e per aromatizzare. Per preparare la Ratafia, si deve lavare e mondare bene le visciole sotto l’acqua corrente.
Le stesse devono essere poste in un recipiente a chiusura ermetica, ricoperte di zucchero ed esposte al sole per quaranta giorni. Infine, aperto il coperchio, si deve recuperare con un colino lo zucchero impregnato del succo. Per questo liquore, le dosi devono essere rispettate tassativamente. Per ogni litro di succo estratto, si devono aggiungere 0,25 cl di alcol a 90° e vino rosso in parti uguali e 300 g di zucchero. Il liquido ottenuto, va imbottigliato e messo a riposare al buio per sessanta giorni.