Daniele Culicelli, giovane ciociaro di Alatri con un’identità d’artista, racconta la sua pittura. Proprio in quell’identità ha trovato la dimensione giusta in cui esprimersi, la sua. Intima, come se vivesse tra luci soffuse, in punta di pennello; con lo strumento della pittura, che fa emergere e affiorare sensazioni, ammantata di silenzio. In lui vediamo tanto De Chirico, Morandi e Carrà.
Daniele Culicelli
Daniele ha lasciato presto la Ciociaria per studiare, e ha puntato in alto, andando a Venezia; in una città iconica per qualunque forma d’arte. L’Accademia di Belle Arti di Venezia, a un certo punto della sua vita, costituiva per Culicelli una meta relativamente lontana abbastanza per andare a immergersi; in una dimensione nuova, diversa dalla Ciociaria e tutta da scoprire, specialmente per un giovane studente d’arte che guarda ai grandi del passato.
Daniele Culicelli pittore
Oppure la scultura, la pittura, che restano testimoni di materia pregna di emozioni tangibili. L’artista ciociaro ci racconta di una certa noia che viveva alle superiori, qualcosa che doveva superare, e l’ha fatto prima da autodidatta e poi andando appunto in Accademia. E’ il surrealismo che affascina molto Culicelli, i suoi autori come Borch, Max Ernst; ma poi in qualche modo ha sentito la necessità di camminare da solo, sulle sue gambe, abbracciando uno stile che ha fatto proprio, camminando sulle sue gambe.
Dipingere a Roma
In questo caso lo interessa l’ambiguità dell’essere umano a livello sociale, e gli ambienti urbani e naturali nel loro mutare e divenire. Da Venezia, Daniele a un certo punto si è trasferito a Roma. Certamente, com’è stato anche nei secoli passati per migliaia di pittori, l’Urbe è una tappa obbligata. La capitale offre profili barocchi, angoli rinascimentali, nugoli e frotte di altri artisti e pittori che sciamano tra le vie antiche; cercando quegli stessi panorami che amarono tanti altri autori prima di loro.
Musica e pittura
Auspica tuttavia come tutti gli autori di successo, di trovare un gallerista, magari anche all’estero. L’idea che i suoi lavori vadano per il mondo, è il sogno, l’idea e certamente l’ideale tangibile per ogni pittore. Tutto questo però ha un collante, quello più consono forse all’immagine, ovvero la musica. Comporre musica, tra basso, chitarre e tastiere, porta a “tracce ambient”, che tendono e hanno il fine di avvolgere le tele. La musica per Culicelli è prima sottofondo, e poi colonna sonora, infatti, Daniele vorrebbe esporre con un sottofondo musicale, disegnando in qualche modo un film. Osservando le tele, emerge davvero quell’Universo, mistico, silente, raffinato, e incredibilmente ipnotico. L’osservatore ne resta attratto, quasi avviluppato, da un’idea onirica che prende per mano in modo garbato e gentile.