Monastero di Sant’Angelo in Pesco Mascolino, o meglio, i suoi resti, sono immobili baluardi di tempi inghiottiti dal tempo. Aleggiano ancora delle rarefatte leggende lassù.
Monastero di Sant’Angelo in Pesco Mascolino
Un tempo il monastero era è un cenobio benedettino che ricadeva nel comune di Casalattico. Siamo nella Valcomino, e oggi alzando lo sguardo vediamo solo alcuni ruderi della chiesa e alcune fondamenta, null’altro. Ci troviamo in zone impervie, all’imbocco delle gole del Melfa; su un aspro sperone roccioso che i locali chiamano Sant’Agnere, a ridosso di un’ansa del Melfa vicini a Casalvieri e Arpino. Per la prima volta l’area è registrata come proprietà di un certo sacerdote di Casalvieri, Pietro, il quale qui aveva una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo.
Che poi dona nel 1032 all’Abbazia di Montecassino insieme alla chiesa di Santa Maria con le relative proprietà, sempre presso il Melfa. Successivamente alla donazione di Pietro di Casalvieri, i cassinati dovettero insediare a Sant’Angelo la prima comunità monastica, che risale, infatti, al 1085. Per via dell’altopiano su cui sorse il monastero, la località si chiamava Pesco Mascolino.
Valle di Comino
L’altopiano precipita all’improvviso con una parete verticale rocciosa. Nei paraggi ci sono ancora anche i resti di un mulino ad acqua. Si parla per la prima volta di questo monastero quindi, per via di una donazione intorno all’anno mille. Ad un certo punto Sant’Angelo in Pesco Mascolino lo si cita come possedimento cassinate. Poi dal XV secolo la località non ospita più una comunità monastica e diventa una grancia, una sorta di dipendenza, un granaio insomma del convento di San Nazario di Casalattico. Poi subisce un abbandono definitivo, ma perché?
Dopotutto era arrivato a ospitare circa un centinaio di monaci, che però ad un certo punto iniziarono a dare scandalo, ospitando donne del posto, evidentemente attratte dal fascino della tonaca. L’abate di Montecassino infastidito decide di inviare due confessori sul posto per ricondurre alla ragione i monaci. Sembra davvero di leggere qualche pagina vergata da Umberto Eco.
Il nome della rosa – Umberto Eco
Che sia qui l’origine del romanzo “Il nome della rosa”, tra torbidi conciliaboli e insospettati convegni inappropriati? In ogni caso, sembra che i confessori inviati, a loro volta si siano intrattenuti con gaudenti popolane e contadine. Orbene, l’abate interdetto e scandalizzato, pare che dopo mesi senza ricevere notizie, abbia inviato in incognito un anziano monaco in odore di santità per capire cosa stesse accadendo. Costui si trovò davanti all’ineluttabile e si rese conto che con il recinto aperto, i buoi erano oramai scappati, eppure era uomo astuto e agì d’astuzia. Decise di mettere in atto una mossa strategica ad effetto e osò il colpaccio.
Sembra che una notte abbia caricato sul basto di un asino molta legna ben secca. Appiccò il fuoco e diede subito l’allarme. Urlò dimenandosi che quello era il demonio e gridava come un forsennato.
Comunità Benedettine – Monastero di Sant’Angelo in Pesco Mascolino
Tuttavia, il povero animale impazzito, iniziò a correre terrorizzato e con gli zoccoli sfondò il portale del convento. Si diffuse il panico e tutti credettero davvero che quello era un demone inviato per punirli dello scandalo che avevano causato. Le fiamme divamparono e ahimè, il povero anziano fraticello che aveva appiccato il fuoco perì tra le fiamme, portando con sé il suo “piano diabolico”. Fu così che si decise di abbandonare ciò che restava del convento. In ogni caso, Sant’Angelo in Pesco Mascolino in un’epoca remota, è stata la prima comunità monastica Benedettina nella Valle di Comino. Restano quindi tra quelle rovine, leggende frammiste a verità. Chi ama fare passeggiate, fare un po’ di trekking, può ammirare luoghi incontaminati, rimasti probabilmente pressoché immobili da quell’epoca lontana.