Ciocie o scarpe? No, non c’è contrapposizione. Sopravvivono ancora molti luoghi comuni riguardo le ciocie, legate per assonanza alla Ciociaria.
Si associa sovente la povertà a chi le indossava, perché non poteva permettersi le scarpe; ma non è in questi termini che si presenta la storia a chi sa leggerla e interpretarla.
Ciocie
Questa calzatura, semplice e funzionale è antichissima, indossata da milioni di individui per un tempo indefinibile. E’ sempre stata diffusa in larghi territori; finanche la vediamo fuori dai nostri confini nazionali, nel profondo nord Europa, con calzature direi “cugine” del tutto simili in pelliccia. E’ certo che l’uso delle ciocie, era diffuso fino a tutto il sud Italia, in tutto il Regno delle Due Sicilie, così come nelle Marche, Toscana e Umbria.
Erano anche in uso presso delle popolazioni rurali dell’Albania, della Grecia, Russia e anche Romania. Considerando che si tratta in buona parte di territori di dominazione romana per secoli, non si stenta a crederlo. Sappiamo comunque che fin dall’antichità l’uomo utilizzava calzature fatte di pelli animali e cuoio resistente. Restringendo il campo ai romani, essi, avevano ad esempio la calceus; una scarpa chiusa. Il soccus invece era la calzatura generalmente più diffusa, da cui discenderebbe la nostra “ciocia”.
Soccus
Queste calzature, sono state a lungo considerate tipiche del Basso Lazio; diffuse tuttavia, anche in molte altre regioni. Per secoli i contadini e i pastori, uomini e donne, non indossavano altro. Possiamo anche dire che fin dal Settecento, così particolari e caratteristiche, la ciocie hanno dato proprio il nome ad una parte del Lazio. Anche se queste antenate delle scarpe o dei sandali, le portavano anche “i non ciociari”.
Pur essendo così comuni e diffuse, la loro origine è un po’ incerta. Tra l’altro si fa riferimento ad un passo dell’Eneide. Orbene risalirebbero agli Ernici che s’insediarono nell’area tra Ferentino, Anagni, Alatri, Veroli e anche Frosinone. Come dicevamo, la caratteristica forma che ricorda vagamente una pantofola, deriverebbe dalla “soccus” romana. Questa calzatura anticamente, era prerogativa di contadini, pastori e anche dei legionari. Quindi possiamo dire che queste diffusissime calzature hanno attraversato i millenni; tornando oggi annualmente con gli zampognari.
Calzature antiche
Nondimeno, sappiamo che fino agli anni sessanta del ‘900 ci sono documenti che ne attestano ancora l’uso sui monti. Addirittura abbiamo notizia delle “ultime ciocie” fatte con copertoni di automobili. Oggi, le ciocie si indossano per delle feste popolari in costume e ci sono ancora degli artigiani che le fabbricano. Se il costume è a regola d’arte, queste calzature, sono corredate di fasce calde di lana o calzettoni, panni di canapa o di lino. Un tempo i pastori, per difendersi dai rovi, dagli animali selvatici e dall’umidità, avevano anche il guarda macchia.
Si trattava di pelle di capra dal lungo pelame, che si metteva sopra i calzoni, legata alla cintura e ai polpacci. L’artigiano, da non confondere con il calzolaio, usa la sgorbia; uno scalpello a lama per incidere i buchi delle stringhe. Il plantare è curvato all’insù, e i legacci intrecciati, salgono al polpaccio, fino al ginocchio.
Copertoni di pneumatici come scarpe anzi ciocie
Anticamente, al posto delle stringhe, si usavano spaghi, cordini o della fettuccia. Sotto il plantare si inserivano dei chiodi o delle grappe artigianali; di fatto due rinforzi in cuoio sui quali si applicavano le bollette. I chiodi erano molto corti, dalla testa larga e bombata per evitare la consunzione rapida. Insomma erano calzature che facevano presa, ed erano antisdrucciolo; per durare anni. Insomma, più comode delle scarpe, più resistenti e inaffondabili!
un pò di cultura non farebbe male